di Roberto Codini
Rischia una condanna penale per abbandono di persona incapace la moglie che se ne va in villeggiatura lasciando a casa da solo il coniuge anziano e non in grado di provvedere a se stesso.
Lo ha stabilito la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione confermando la condanna inflitta dalla Corte di Appello di Palermo ad una signora che era partita per le vacanze estive lasciando a casa da solo, in pessime condizioni igieniche, il marito anziano e bisognoso di cure.
Il fatto era stato denunciato dal figlio della coppia, che aveva trovato a casa da solo ed in condizioni di grave degrado il padre. Il Tribunale di Castelvetrano in primo grado aveva condannato la donna per il reato di abbandono di persona incapace, e la condanna era stata confermata in secondo grado dalla Corte di Appello di Palermo.
Contro la sentenza di appello l’imputata aveva proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che il marito era anziano ma lucido, e quindi non poteva essere considerato incapace. La Suprema Corte, respingendo il ricorso, ha invece affermato che “la vecchiaia, al pari di altre non specificate, è intesa causa di incapacità dell’offeso di provvedere a se stesso, alternativa all’infermità fisica o mentale della persona abbandonata”, ed implica “la “cura” della persona incapace, se non la sua “custodia”, perché le siano assicurate le misure necessarie per l’igiene propria e dell’ambiente in cui vive”.
In un tale contesto, pertanto, l’abbandono integra “l’estremo di condotta criminosa”. L’articolo 591 del codice penale, infatti, punisce “chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura”, prevedendo un aumento della pena “se il fatto è commesso dal genitore, dal figlio, dal tutore o dal coniuge”.
Proprio facendo applicazione del principio enunciato nella norma penale i giudici di merito hanno ritenuto sussistente lo stato di abbandono condannando la moglie per aver violato l’obbligo di cura e di custodia previsto dalla legge. Il giudizio è stato condiviso dalla Cassazione, che ha sottolineato che affinché sussista uno stato di incapacità non è necessaria una patologia, in quanto anche la vecchiaia può essere una causa dell’incapacità di provvedere a se stessi. Le condizioni del soggetto abbandonato devono essere quindi valutate in concreto e, nel caso in questione, non sussisteva alcun dubbio che il soggetto abbandonato fosse bisognoso di cure, anche igieniche, e pertanto non autosufficiente, con la conseguente responsabilità penale di chi era tenuto per legge a prendersene cura. La sentenza stabilisce un principio di civiltà richiamando tutti i soggetti ai propri doveri di assistenza verso i familiari più deboli, ricordando le conseguenze anche penali della violazione di tali obblighi, e configurando l’anziano come soggetto debole da tutelare con tutti gli strumenti che la legge pone a disposizione dei cittadini. (09 settembre 2009)
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Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, sentenza n.31905/2009
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. CALABRESE RENATO LUIGI – PRESIDENTE
1. Dott. CARROZZA ARTURO
2.Dott. ROTELLA MARIO
3. Dott. SANDRELLI GIAN GIACOMO
4. Dott. PALLA STEFANO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da […]
avverso SENTENZA del 21/11/2008
CORTE APPELLO DI PALERMO
[…]
Ritenuto
1 – La Corte di Appello di Palermo ha confermato la condanna alla pena sospesa di mesi 4 di reclusione con generiche inflitta dal Tribunale di Castelvetrano a […] per l’abbandono ai sensi dell’art.591 CP [1] del coniuge […], ritenuto incapace di badare a se stesso per l’età avanzata e motivi di salute, accertato il 22.8.01.
Il fatto era denunciato dal figlio […] mentre la […] era in casa di villeggiatura altrove. E la Polizia Giudiziaria verificava, come poi testimoniato, che l’uomo si trovava in istato di grave degrado anche igienico, in una stanza adiacente al numero civico dell’abitazione dell’imputata e di altra figlia, intensamente maleodorante di urina, di cui erano impregnate le lenzuola ed il materasso, come il pigiama da lui indossato.
Il ricorso denuncia: violazione dell’art.591 CP e vizio di motivazione, essenzialmente perché la sentenza non ha motivato circa il collegamento tra la situazione di incuria in cui venne trovato il […] e l’asserito stato di incapacità di costui, che invece ha reso dichiarazioni lucide, coerenti e logiche, dimostrando la propria incapacità di determinarsi e correttamente porsi nel tempo e nello spazio. Tali dichiarazioni sono state laconicamente liquidate dalla Corte di Appello con affermazioni apodittiche di irrilevanza.
2 – Il ricorso è infondato.
Giusta lettera dell’art.591 CP, la vecchiaia, al pari di altre non specificate, è intesa causa di incapacità dell’offeso di provvedere a se stesso, alternativa all’infermità fisica o mentale della persona abbandonata. Essa implica la "cura" della persona incapace, se non la sua "custodia", perché le siano assicurate le misure necessarie per l’igiene propria e dell’ambiente in cui vive. Pertanto l’abbandono integra in tal caso l’estremo di condotta criminosa, da cui dipende l’evento di pericolo.
Questa la premessa maggiore, risulta incensurabile la premessa minore della sentenza che, preso conto della vecchiaia e di taluna infermità, a fronte delle pessime condizioni igieniche personali ed ambientali in cui è stato ritrovato l’offeso, ha ritenuto il suo abbandono in istato di incapacità di provvedere ai propri bisogni elementari.
Ed è evidente che non è affatto decisivo ai fini di tale particolare incapacità, l’argomento qui ripetuto della lucidità delle dichiarazioni dell’offeso.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Roma, 2.7.2009.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 4 AGOSTO 2009-09-01
cfr http://www.cittadinolex.kataweb.it/article_view.jsp?idArt=88805&idCat=40
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